Da quando è trapelata la notizia della diffusione di questo ormai famoso nuovo morbo virale – il coronavirus SARS-CoV-2 che in alcune persone provoca una malattia respiratoria che attacca i polmoni (il Covid-19) – e da quando quest’epidemia si è allargata fino a trasformarsi – anche “ufficialmente” – in una pandemia, è anche iniziata, di pari passo ai numeri quotidianamente snocciolati dai tecnici della Protezione Civile su contagiati e decessi, anche una progressione numericamente impressionante e pressoché interminabile di scritti, articoli, deduzioni, spiegazioni, abbozzi più o meno articolati (ma anche molte congetture e sciocchezze) nonché tentativi di lettura sulla natura del nuovo virus, sulle misure prese per arginare il contagio, sugli effetti sociali, culturali, economici, psicologici, salutistici, ambientali (e molto altro ancora) che queste misure avranno sul lungo periodo sia sugli individui che sulla società.
Una disamina a tutto tondo sullo stato presente, insomma, e con incursioni anche nel campo delle predizioni, degli auspici e dei presagi.
Del resto, è lo stesso argomento ad apparire totalizzante.
Molte di queste analisi, tra gli altri aspetti, riflettono sul carattere costrittivo che tali misure rivestono e/o rivestiranno, sul confinamento domestico, sull’ampliamento del controllo, sulla diffusione delle nuove tecnologie del capitalismo della sorveglianza e sulle forme di delazione “di vicinato”, autocontrollo e diffidenza sociale.
Le singolarità altre-da-sè, in questo frangente storico, sono vissute non più solo come “estranee” e “straniere”, categorie sociali/psicologiche/culturali purtroppo diffuse da tempo. Si è, infatti, a queste ultime andata aggiungendo una nuova paura nel catalogo delle inquietudini: “untore” è il termine che abbiamo visto usare più spesso, un termine già utilizzato tra la fine del Medioevo e l’inizio dell’età moderna per indicare chi volontariamente diffondeva la peste in luoghi pubblici.
Un termine che minaccia l’ampliamento di quella “guerra sociale tra poveri” a cui siamo stati abituati in questi ultimi anni.
Il sito “Anticorpi” nasce proprio dalla necessità di trovare una “risposta immunitaria” ad un altro genere di peste che rischia di contagiarci e che non vogliamo contribuire ad alimentare – e certo non stiamo parlando del virus – prendendo spunto da alcuni di quegli scritti che sono usciti sull’argomento, quelli che meglio individuano le responsabilità, se non dirette sicuramente indirette (ma certamente non inconsapevoli) degli “attori” in campo.
Questo virus ha esacerbato, accelerato e fatto esplodere le contraddizioni del mondo in cui viviamo: dall’insicurezza-precarietà lavorativa alle nuove povertà sociali, dai tagli nel campo della salute e della sicurezza sul lavoro al finanziamento dell’industria degli armamenti, dalla salvaguardia della proprietà privata allo smantellamento della previdenza sociale, dalla militarizzazione costante della società alla privatizzazione della sanità pubblica, dalle condizioni detentive nelle carceri al trattamento dei “nuovi schiavi” immigrati, dall’osservazione degli sconvolgimenti ecologici al divario economico tra paesi e persone, dalle pervadenti trasformazioni tecnologiche alle perturbazioni che provocano nella psiche a nei corpi.
Nulla si è salvato. Casa, scuola, lavoro, quartiere, città, territorio, natura, spazio, tempo… in ogni campo si sono via via ampliati i disastri e le ingiustizie di cui l’organizzazione socio-economica odierna è portatrice e oggi ciò è difficilmente confutabile. Disastri ed ingiustizie ovviamente già presenti prima del virus ma che sono divenuti più evidenti. E questo forse è un merito del virus, tra i tanti aspetti negativi.
Dalla lotta per la casa a quella per il blocco degli affitti, dalla questione femminile e di genere a quella ecologica, dall’opposizione al mondo della guerra alla difesa della salute, dalle lotte nel mondo salariale specie nelle nuove forme di precariato fino alla rivendicazione di un reddito sociale per tutt* che minaccia di arrivare agli espropri dei supermercati e dei luoghi del benessere economico se disatteso.
Il nuovo protagonismo delle classi subalterne fino ad ora sfruttate e derise è oggi del tutto visibile, anche se per la maggior parte la rabbia sociale continua a rimanere confinata dentro casa. Da più parti è stato scritto che questo virus e ciò che porterà segneranno una faglia tra un prima e un dopo, e nulla sarà più come prima. Non sappiamo ancora se questa previsione sarà confermata o meno.
Se la rabbia uscirà da casa travolgendo il vecchio mondo o se invece – di emergenza in emergenza – quelle case diverranno le nostre casse da morto, sempre più controllati e indifferenti alla vita esterna.
Intanto, però, le testimonianze, le campagne, gli scioperi, le azioni, gli atti di solidarietà nei confronti delle categorie più esposte sono anch’essi visibili e vitali “Anticorpi” a quell’infezione della società rappresentata dallo Stato e dall’economia capitalista, che per salvarsi manderebbero in rovina il pianeta intero e i suoi abitanti.
Protestare, lottare, ribellarsi, autorganizzarsi vuol dire sopravvivere.
NOTA: Non tutti gli scritti inseriti in “Anticorpi” sono sottoscrivibili nella loro piena interezza, ed alcuni presentano tra loro alcune più o meno grandi contraddittorietà e difformità di vedute, ma questo è naturale quando si affronta un tema totalizzante ed onnicomprensivo come quello trattato.
I curatori del blog hanno ritenuto giusto dare visibilità a questa alterità per rendere al meglio la complessità e la varietà delle analisi espresse sull’argomento.
Nel blog quindi troverete sia analisi e scritti di diverse aree del “movimento” e dei “movimenti” (qualsiasi cosa ciò voglia dire), sia pure taluni articoli di giornale che, per le tematiche che affrontano o anche solo per ragguagli e dati forniti, ci sembrava utile inserire, alcuni preceduti da piccole glosse, altri invece no.
Quel che apparirà chiaro, è che non abbiamo stilato un elenco di analisi tra loro omogenee. Non siamo noi a doverci sostituire al senso critico e alla capacità di lettura dei singoli lettori, per questo non abbiamo voluto costruire un blog con una ferrea organicità politica (ma, allo stesso tempo, non abbiamo voluto neanche realizzare un contenitore di scritti sull’argomento gettati a caso sul tappeto, aperto ad ogni sorta di congettura). Se questo approccio può sembrare sicuramente un limite, allo stesso tempo pensiamo possa stimolare però la critica e la capacità di discernimento all’interno dell’evento/momento storico che stiamo vivendo.