L’italia con sessanta milioni di abitanti ed al vertice, insieme a Germania e Giappone, della classifica delle popolazioni più anziane, ha centocinquantamila posti letto nella sanità pubblica e quarantamila in quella privata.
Complessivamente fra le strutture pubbliche e le strutture private, cinquemila sono i posti letto abilitati per la terapia intensiva.
Oltre 3600 sono nelle strutture della sanità pubblica, mentre gli altri 1400 sono nelle strutture private convenzionate.
Lo sforzo e l’obiettivo che il governo nazionale insieme alle Regioni, come si sa titolari della sanità pubblica e convenzionata, stanno mettendo in campo è quello di arrivare per fine di questo mese a disporre di 6100 posti letto.
Se questi sono alcuni dati generali ciò che è necessario capire e su cui riflettere è per quale motivo ci stiamo tragicamente avvicinando a quel punto limite nel quale possono mancare posti letto di terapia intensiva.
Stiamo concretamente rischiando di arrivare a porsi il dilemma di dover sceglier chi salvare (intubare) e chi no.
Occorre ricordare inoltre che per ogni posto di terapia intensiva necessario a una persona in grave rischio di vita, bisogna avere, oltre alle attrezzature mediche, personale medico e infermieristico specializzato, secondo standard definiti di 12 medici e 24 infermieri per unità di 8 posti letto, oltre al personale non specializzato (OSS) e dei servizi generali .
La logica privatistica introdotta nella sanità pubblica, l’estensione del concetto della competitività con il corrispettivo allargamento di quella privata, ha portato ad una costante ed ineluttabile riduzione di posti letto complessivi.
Chiusure di Ospedali “minori” riduzione di presidi territoriali, applicazione alle ASL della stessa logica di centralizzazione e concentrazione del capitale privato manifatturiero, applicando alla sanità gli stessi approcci produttivistici come il just in time, la riduzione delle scorte, ecc.. come se la nostra salute fosse una merce qualsiasi.
Ciò ha determinato che abbiamo un posto di terapia intensiva ogni cirva 11870 abitanti mentre in Germania abbiamo un rapporto di un posto letto ogni 3000 abitanti, essendo i posti letto complessivi di terapia intensiva 28000, oltre cinque volte di più dell’italia pur non essendo affatto e la popolazione tedesca il quintuplo degli italiani.
Oltre a questa falcidia nel 2015 il Governo Renzi nel regolamento per gli standard ospedalieri definito con decreto (Decreto n70 del 02\04\2015) ha stabilito che un utilizzo medio dell’ 80/90 % dei posti letto durante l’anno deve essere ritenuto sufficiente.
I Reparti di rianimazione quindi, in assenza di corona virus, sono quasi al completo .
Ciò significa che dei circa 5000 posti letto nei Reparti di terapia intensiva quelli liberi per l’emergenza Covid-19 in realtà sono meno di un migliaglio a livello nazionale.
Quindi basta che i pazienti di Covid-19 raggiungano il 10/20 % dei posti letto di rianimazione a disposizione per saturare i Reparti.
Sappiamo che nei casi di corona virus rilevati, uno su cinque, sviluppa complicazioni polmonari serie o gravi e la metà deve essere ricoverato in terapia intensiva, pena una rapida morte per asfissia. Quindi uno su dieci ha bisogno di essere intubato.
Dunque, il punto di crisi, in condizioni normali, della sanità italiana è di circa cinquantamila.
Ipotizzando che il contagio da corona virus possa arrivare a cinquantamila (attualmente, mentre scriviamo queste note i dati disponibili dell’ infezione sono arrivati a oltre 20000) si saturerebbero completamente i posti letto disponibili e dopo questo numero chi dovesse avere un infarto, o un decorso post operatorio complesso rischierebbe di morire per assenza di trattamento idoneo.
Inoltre lo stato dell’arte della sanità italiana è caratterizzata dalla mancanza cronica di medici e infermieri.
In Italia mancano 10mila medici, 53mila infermieri e 70mila OSS e sono oltre 2mila tra medici e infermieri i contagiati durante le ore di servizio fino a questo momento.
Non possiamo accettare che le necessarie misure di contenimento della malattia ricadano sulle spalle delle lavoratrici e dei lavoratori così come sulle nuove generazioni di precari e precarie, lavoratrici e lavoratori autonomi.
A fronte del divieto di mobilità, oramai sul tutto territorio nazionale ed alla chiusura delle attività commerciali ad esclusione delle filiere alimentari, non sono state fermate le fabbriche e gli altri posti di lavoro, non sono state organizzate al loro interno forme sufficienti di garanzia e protezione rispetto alla possibile epidemia del virus.
I Padroni, attraverso Confindustria, hanno fortemente condizionato il governo per non arrivare al blocco totale della produzione.
Questo ha determinato e sta determinando un crescendo di scioperi aziendali indetti da parte della maggioranza delle strutture sindacali tutte, dalla CGIL passando per la CISL e la UIL fino ai sindacati di base.
La richiesta minima di queste agitazioni, che in alcuni casi stanno subendo gravi intimidazioni e repressioni, è quella di dotarsi di DPI (dispositivi di protezione individuale) fino alla giusta richiesta di non perdere salario o il lavoro a causa del corona virus.
Lo stesso protocollo di sicurezza per i lavoratori siglato fra Confindustria e Organizzazioni Sindacali non rappresenta una soluzione effettiva in quanto il rispetto dello stesso protocollo viene demandato alle strutture aziendali. RSA, RSU ed RSL, non tenendo minimamente di conto, in maniera pilatesca, della situazione delle migliaia di picccole o piccolissime fabbriche e posti di lavoro non sindacalizzati o dove il ricatto padronale è forte o la dove queste realtà spesso lavorano dentro la fliera dell’aziende industriali più grandi e se noin si ferma la capofila non possono fermarsi nemmeno loro.
il diritto alla nostra salute viene prima del loro profitto
Occorre subito una forte assunzione di infermieri e Operatori Socio-Sanitari (OSS) e internalizzare stabilizzandoli, tutti i lavoratori precari della Sanità.
Fare un grosso piano di assunzioni con bandi rapidi e agevolati.
Occorre uno stanziamento di risorse straordinarie, anche attraverso una patrimoniale, per la garanzia dei posti di lavoro, compreso per i precari che lavorano negli appalti e per la copertura integrale del salario.
E’ altresì necessario contrastare il tentativo di promuovere un nuovo clima di “unità nazionale”.
Non è accettabile che in nome dell’ennesima emergenza si occulti le responsabilità della classe dominante e dei governi dei tagli e delle privatizzazioni alla sanità cosi come lo scadimento e la riduzione dei servizi.
Occorre promuovere e sostenere tutte le mobilitazioni dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati vei disoccupati che c’erano e di quelli nuovi creati dall’emergenza sanitaria, per il lavoro e il reddito.
Occorre trasformare questa gravissima e pericolosissima pandemia in un processo di unità e autonomia internazionale del movimemnto dei lavoratori nei confronti di tutti i governi, intenti esclusivamente a sostenere le classi dominanti e le rispettive borghesie nazionali preoccupate esclusivamente di non perdere quote di mercato rispetto ai competitori europei e/o mondiali.
La motivazione di non fermare totalmente le produzioni ad esclusione dei beni di prima necessità come i generi alimentari e quelli farmaceutici risponde esattamente a questa insaziabile sete di profitto a scapito della stessa salute dei propri operai, confermando vieppiù l’assioma della produzione capitalistica e la sua sostanziale irrazionalità e la necessità di una società comunista e libertaria per non sprofondare nella barbarie.
I militanti e le militanti di Alternativa Libertaria/FdCA sono all’unisono accanto ed a sostegno delle lotte delle lavoratrici e dei lavoratori, dei loro bisogni, della loro capacità organizzativa.