Belgio – Centri di detenzione: la minaccia del virus, la violenza dello Stato e delle rivolte come risposta

Ecco la testimonianza di una persona reclusa a Vottem: Ascolta.

All’ombra della copertura mediatica del coronavirus, le persone detenute nei centres fermé (CPR) si ribellano contro l’amministrazione razzista che li rinchiude e, come logica conseguenza, li abbandona in tempi di pandemia.

Questo articolo cerca di fare un sommario delle resistenze e delle lotte che lo Stato vorrebbe rendere invisibili. La maggior parte delle informazioni raccolte martedì 17 marzo provengono dai detenuti che, come spesso accade, danno l’allarme, oltre che dai solidali e dai loro parenti all’esterno.

Nel centro chiuso di Merksplas :

Un guineano è stato portato all’aeroporto martedì 17 marzo, senza alcun esame medico o informazione sul virus. Una rivolta si sta svolgendo anche nel centro chiuso di Merksplas, dove i detenuti si sono rifiutati di mangiare. Ora ci sono almeno sei persone recluse nei sotterranei dopo l’intervento della polizia. Alcuni detenuti sono stati rilasciati dall’amministrazione. La voce all’interno dice che tutti saranno rilasciati. Il personale del centro non indossa mascherine. A quanto pare, “qui è un casino”.

Al centro chiuso di Vottem:

Alcuni detenuti hanno avuto una conversazione con il direttore, che ha chiesto loro perché si rifiutassero di mangiare. Ci sono solo una o due persone che mangiano in ogni ala. “Ci sono state alcune uscite ieri e circa 5 o 6 uomini sono stati rilasciati martedì 17 marzo, secondo le nostre informazioni. Le voci di corridoio dicono che circa 30 persone saranno presto rilasciate. A. è rinchiuso da quattro mesi e mezzo. Malato, dice di avere un nodulo allo stomaco, è stressato e non va in bagno. “Sono qui, non so perché”.
Il CRACPE (Collectif de Résistance Aux Centres pour Étrangers) ha riassunto la situazione a Vottem in un comunicato stampa dal quale si ricava quanto segue: “Da lunedì è iniziato uno sciopero della fame tra gli uomini detenuti nel centro chiuso per stranieri di Vottem. Denunciano la loro reclusione e la loro pericolosa promiscuità di fronte all’epidemia di coronavirus. In questo periodo difficile, soffrono anche di non poter stare con i loro parenti, le loro famiglie, molte delle quali vivono in Belgio. Alcuni di loro sono stati rilasciati con il contagocce dalla fine della scorsa settimana, per esempio coloro che avevano problemi di salute molto gravi, o tra coloro che sarebbero dovuti essere deportati in Italia. Tutti coloro che rimangono non ne capiscono le ragioni, e hanno iniziato questo movimento di sciopero della fame per ottenere il rilascio. La situazione è molto tesa; alcuni sono disperati, come dimostra il tentativo di fuga di sabato e due tentativi di suicidio negli ultimi giorni. Ci hanno chiesto di diffondere questa dichiarazione perché si sentono dimenticati e non possono farsi sentire” https://www.facebook.com/collectifderesistanceauxcentrespouretrangers/

Nel centre fermé 127bis :

Nell’ala L, i detenuti a volte si rifiutano di mangiare e tutti vogliono fare lo sciopero della fame. Il 14 marzo, un visitatore ha approfittato di un accesso privilegiato e ha segnalato gravi problemi sanitari: condizioni igieniche non rinforzate, servizi igienici sporchi, niente sapone, niente carta igienica, nessun adattamento nelle stanze, nessun rinforzo di medici e infermieri, ecc. Il 15 marzo ci sono stati 12 rilasci in seguito allo sciopero della fame di diverse persone, soprattutto dall’Afghanistan e da alcuni Paesi africani. Questo martedì abbiamo saputo che tre persone sono state rilasciate. Sempre nell’ala L: l’assistente sociale è venuto alle 11 del mattino, la gente ha chiesto informazioni. Non ha voluto rispondere, se non dicendo “forse domani” prima di partire. Nessuno ha pranzato oggi ed è probabile che tutti continueranno. Sono ancora più isolati del solito perché le visite non sono più permesse.
Uno dei detenuti testimonia: “non siamo gangster, non siamo animali. Abbiamo domande ma nessuna risposta, alcune persone sono qui da 4, 5, 6 mesi senza risposte. E con il corona virus? Restiamo qui? Per quanti mesi?”

Una solidale testimonia a sua volta: “Ho sentito che hanno paura del virus come noi, e hanno paura di rimanere bloccati lì per tanto tempo. Mi ha detto che tutti gridavano “non siamo gangster, perché ci rinchiudete? 7 nuove uscite sono note nell’ala: 3 eritrei, 1 ghanese, 1 etiope (dublino Francia) e 2 “arabe” (dublino Belgio).

Al centro Caricole:

Secondo le nostre informazioni, di recente ci sono stati 29 rilasci al centro di detenzione di Caricole.

A Bruges:

Sembra che l’amministrazione abbia deciso di non rinchiudere più le donne a Bruges. Veniamo a sapere che sei donne rinchiuse a Bruges sono state trasferite nel centro chiuso di Holsbeek.

I detenuti hanno manifestato per ottenere il loro rilascio : 6 di loro sono stati messi in isolamento per 36 ore.

Al centro di detenzione femminile di Holsbeek:

Abbiamo notizie di 6 donne che sono state rilasciate. Sono tutti al centro, in attesa di essere rilasciati.

Secondo una ONG, l’Ufficio degli stranieri ha annunciato che non ci saranno più nuove incarcerazioni se non per coloro che sono appena usciti di prigione. Poiché attualmente non possono essere deportati, la loro detenzione sarebbe allora illegale.
Lo stesso Ufficio Stranieri avrebbe promesso di cercare di liberare soprattutto i “vulnerabili” per ridurre il numero dei prigionieri e delle guardie.

Approfittiamo di queste informazioni per ricordare, se necessario, che le promesse di questa sinistra amministrazione non valgono per noi più delle loro detestabili politiche.
La catastrofica situazione sanitaria nei centres fermé (così come nelle prigioni) non è un aneddotico fallimento dell’amministrazione statale, ma rivela la natura strutturale del razzismo che questi luoghi di isolamento e di privazione della libertà rappresentano.
Essa rivela come lo Stato tratta chi ritiene indegno e come la sua amministrazione li esponga a tutte le forme di violenza, compresa la reclusione stessa.

I centri chiusi devono essere svuotati oggi e distrutti domani.

 

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