Questo mese oltre 30 istituti penitenziari si sono sollevati in rivolta ma sedate le proteste le galere sono ripiombate nel silenzio di un non-luogo.
Eppure a Salerno, a Modena, a Milano, a Bologna, a Parma, a Pavia, a Reggio Emilia, a Verona, a Rieti, ad Ascoli, a Foggia, a Venezia, a Verona, a Poggioreale, a Frosinone, a Vercelli, ad Alessandria, a Torino, Brescia, Firenze, Palermo, Frosinone, Rebibbia-Velletri-Melfi, Potenza… Qualcosa da dire lo avevano.
Rivolte senza precedenti che hanno attraversato tutta l’Italia, espressione dell’urgenza che le necessitava: dal sovraffollamento – Bologna arriva a un tasso del 175,8% – alle condizioni sanitarie da tempo al collasso, fino alle sofferenze ogni giorno inflitte a detenut e detenute e ai loro riferimenti, familiari, amicx, rinchiusi in una burocrazia repressiva che non lascia scampo o possibilità di significazione alcuna.
Si è voluto far credere di gestire l’emergenza sanitaria interrompendo colloqui con parenti, educatorx, volontarx ed avvocatx, sospenendo le attività lavorative e le condizioni di semilibertà, tenendo chiusa una popolazione cui accesso a cure e salute vengono negate tutti i giorni, in condizioni assolutamente a rischio, dentro istituzioni totali che ospitano anche il doppio dei posti consentiti, quotidianamente a contatto con ‘personale’ sprovvisto di presidi di protezione sanitaria.
Un coro di rabbia si è levato da Nord a Sud: indulto e amnistia.
Dobbiamo fare pressione in ogni modo possibile per sostenere la legittima lotta della popolazione detenuta, senza cadere nella retorica dei ‘buoni e dei ‘cattivi’, delle ‘proteste pacifiche’. Una lotta che sta coinvolgendo tutto il territorio nazionale e che rischierà di avere forti ripercussioni sui detenuti e sulle detenute se non adeguatamente sostenuti da fuori! E’ arrivato il momento di rompere il silenzio, persino in Iran, dove comunque la situazione rimane esplosiva come in molti altri posti del mondo, l’indulto è scattato già nei primi giorni dell’epidemia!
A che condizioni stanno tenendo queste persone a due settimane dalle rivolte nelle sezioni semidistrutte? uanti pestaggi? Possiamo immaginarlo i racconti non filtrano perchè le comunicazioni sono impedite o escono gocce. Parenti e familiari non riescono a comunicare con i loro cari.
Intanto deportano, trasferiscono.
L’impressione è di completo disinteresse su una situazione drammaticamente urgente.
L’associazione Antigone sottolinea l’importanza delle indagini sulla tragedia di Modena e chiede al Dap di verificare casi di brutalità riportando “numerose segnalazioni di violenze e abusi che sarebbero stati perpetrati ai danni di persone detenute”. L’avvocato dell’associazione, Simona Filippi su la Gazzetta di Modena (22 marzo 2020) spiega “ben otto diverse persone si sono rivolte ad Antigone raccontando quanto sarebbe stato loro comunicato dai congiunti o da altri contatti interni. Le versioni riportate, le quali parlano di brutali pestaggi di massa che avrebbero coinvolto anche persone anziane e malati oncologici e che avrebbero portato a mascelle, setti nasali e braccia rotte, risultano tutte concordanti». Continua: «Non abbiamo alcuno strumento per accertare la veridicità o meno delle segnalazioni che ci sono pervenute, ma oggi, in cui gli istituti sono chiusi a qualsiasi occhio esterno a causa dell’emergenza coronavirus, è ancor più di fondamentale importanza che si proceda a un’indagine rapida e capace di fare chiarezza sugli eventi»
Alcunx detenuti erano ancora vivi mentre venivano trasferiti, sono morti in carceri italiane distanti anche oltre un centinaio di chilometri dal luogo di partenza.
oi non abbiamo nessun dubbio la strage è di Stato.
Come collettività crediamo che espropriare le persone della possibilità e dello spazio per recuperare il senso dalla propria esperienza, isolarle, emarginarle, reprimerle, punirle, costringerle in condizioni disumane, non possa essere sostenibile: isumanizzazione e violenza non saranno mai sinonimi di protezione e sicurezza. Pensiamo anche ai centri per l’identificazione e l’espulsione per ‘stranieri’, i centri di permanenza per il rimpatrio, luoghi dove “accoglienza” detenzione amministrativa e privazione della libertà personale, dove il bisogno si trasforma in espropriazione, controllo e profitto.
Confidiamo che questa rivolta che ha infuocato il paese possa essere l’occasione per costruire una riflessione più profonda per tuttx noi, che affronti il tema del carcere e delle istituzioni totali oggi, verso una più ampia lotta in senso abolizionista, per emanciparci collettivamente da luoghi disumani che non ‘proteggono’ nessunx, per il desiderio di un mondo senza recinti, frontiere, barriere, galere, ma soprattutto per considerare criticamente la realtà senza dimenticare mai i rapporti di forza che la regolano, perchè è questo che facciamo ogni giorno, dal basso, riducendo il danno di un mondo in cui trovare il proprio posto è impossibile, accanto alle ultime e agli ultimi.
Rivolta alla Dozza, la situazione a Bologna:
Dal garante dei detenuti di Bologna abbiano notizia in una nota del 16 marzo i sono luoghi non agibili le devastazioni hanno interessato anche gli ambulatori medici e gli spazi per le visite specialistichelcuni spazi detentivi sono ancora senza luce. on abbiamo notizie di un suo ingresso diretto nell’istituto per verifcare d le condizioni dei detenutx dopo la rivolta. E per fortuna che è il garante!
Intanto vengono pubblicate notizie sulla presenza del corona virus all’interno del carcere, una voce insistente non ancora confermata dalle istituzioni un medico, due infermieri e una guardia. Solo uno sarebbe stato ricoverato. Ma la situazione potrebbe essere ancora piu grave.
Il 12 marzo i sindacati di Polizia Penitenziaria chiedevano la chiusura del reparto giudiziario e il relativo trasferimento della totalità delle persone detenute lì collocate verso altri istituti penitenziari denunciando una situazione al limite.
Ma la direzione del carcere in nota ufficiale due giorni dopo informava “la situazione dal punto di vista della vita penitenziaria sta rientrando nei normali canoni, compatibilmente con le problematiche dovute alla progressività del ripristino dei locali”
In un’altra nota i sindacati della polizia penitenziaria denunciano l’abbandono delle istituzioni’ affermando che “riterranno l’Amministrazione responsabile di eventuali ulteriori disordini“nsistendo su una “situazione ormai seriamente compromessa” e che “non passa giorno in cui non si continuano a vivere emergenze, dovute alle naturali tensioni che continueranno a susseguirsi, se la situazione non cambierà in fretta
Nonostante il ripristino dei colloqui tra avvocati e detenuti per atti urgenti e improrogabili, di fatto ad oggi la maggior parte dei familiari dei detenuti rinchiusi stanno facendo molta fatica ad avere informazioni dirette sulle condizioni dei propri cari. grado di garantire colloqui Skype
Alcuni familiari di persone detenute in aree non coinvolte della rivolta confermano che nelle sezioni interessate dalla sollevazione i detenuti sono chiusi 24 ore su 24 vessati dalle guardie. Ci giunge anche voce di episodi in cui qualche detenuto ha ottenuto la telefonata in seguito a minacce di autolesionismo.
Rimarremo in contatto con i familiari, facendo rete con le altre e gli altrx solidali così che possano essere diffusi il più possibile il racconto di quello che sta succedendo, di quello che è successo le settimane scorse, e soprattutto di quello che succederà da qui in avanti.
Vista l’entità della rivolta abbiamo la responsabilità di significarla, perché un’emergenza che si consumava nel silenzio da tempo, finalmente oggi ha trovato voce.
Siamo tuttx coinvoltx!