Nel giorno in cui l’Iran libera 85 mila detenuti per proteggerli dal contagio in cella, la Lega polemizza col governo, per aver semplificato la procedura di accesso alle pene alternative.
Nel giorno in cui l’Iran libera 85 mila detenuti per proteggerli dal contagio in cella, la Lega polemizza col governo, per aver semplificato la procedura di accesso alle pene alternative. Nessun provvedimento straordinario in vista, solo uno snellimento burocratico, inserito nel decreto “cura Italia”, per diritti già esistenti: domiciliari per chi deve scontare una pena, o residuo di pena, fino a 18 mesi e braccialetto elettronico per coloro che condanne da 7 a 18 mesi. Esclusi i detenuti per reati gravi. L’obiettivo è alleggerire il carico di persone dietro le sbarre in una fase di emergenza sanitaria, facilitando l’uscita poche migliaia di detenuti per reati lievi. Il tutto, per un periodo temporale ristrettissimo: fino al 30 giugno.
Ma per la Lega il Coronavirus non è una buona ragione per favorire misure alternative. «Se qualcuno pensa di usare emergenza sanitaria per far passare delle schifezze non avrà il consenso della Lega», mette subito in chiaro l’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini. «Non ci sarà mai il consenso della Lega per indulti o svuota carceri mascherati», dice in diretta Facebook. Tra coloro che godranno dei benefici, secondo i calcoli salviniani, «ci sono gli spacciatori», in totale «6 mila detenuti».
Il capo dei sovranisti non vuol sentir ragioni, nemmeno dopo le notizie dei primi casi accertati di contagio in carcere. Tutti in Lombardia. Il primo è un cittadino detenuto nel carcere di Voghera, attualmente ricoverato, ma si segnalano casi anche a Milano (San Vittore), Pavia e Brescia. Ma secondo il Dap sono in tutto 10 le persone contagiate.
Per la Lega chi vive dentro una cella deve restarci fino all’ultimo giorno. Le sole preoccupazioni, semmai, sono rivolte agli agenti. «Il nostro pensiero va agli agenti della Polizia Penitenziaria, troppo spesso dimenticati e trattati peggio dei detenuti», twitta Salvini. Che non resta solo nella sua crociata. «Il ministro Bonafede e il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria si affrettino a fornire gli indispensabili presidi sanitari, a partire dalle mascherine, agli agenti della polizia penitenziaria in servizio nelle carceri italiane», verga su Facebook il deputato del Carroccio, Jacopo Morrone, che poi stabilisce l’ordine delle priorità: «È necessario tutelare la salute di tutti: agenti, operatori sanitari e detenuti». La Lega fa blocco contro l’idea che qualcuno possa lasciare le carceri, usufruendo di un diritto già esistente, in modo più rapido. «Chiudiamo gli italiani in casa, ma apriamo le galere per far uscire i criminali e spalanchiamo i confini per far entrare clandestini e ong», rincara la dose il responsabile Sicurezza del Carroccio, Nicola Molteni. «Dopo i cinque “svuota carceri” voluti dalla sinistra dal 2013 al 2018, ecco il sesto indulto mascherato firmato Bonafede. Uno schiaffo al buonsenso, alle Forze dell’Ordine e agli italiani». La polemica politica si accende immediatamente e il clima da unità nazionale generato dall’emergenza Covid si infrange sulla propaganda.
Ma il governo sembra compatto, con i due maggiori partiti, Pd e M5S, pronti a difendere la scelta. «Prevedere la pena fuori dal carcere per i detenuti condannati a pene minori è contenuto già in una legge votata nel 2010 proprio da loro», spiega il deputato grillino Eugenio Saitta, membro della commissione Giustizia. Non solo, «quella legge l’ha voluta un governo di centrodestra comprendente anche la Lega. Speculare e parlare a vanvera è sbagliato in tempi normali ed è ancora più grave in una situazione del genere». Ragionamento più articolato arriva invece dal Partito democratico convinto che le misure relative alle carceri italiane siano solo un primo passo per far fronte non solo all’emergenza sanitaria ma anche al sovraffollamento. «Si tratta, ripetiamo, di prime misure, per detenuti e reati di non grave allarme sociale», afferma il responsabile Giustizia del partito Walter Verini. «La situazione del sovraffollamento carcerario è oltre i limiti della sicurezza come si è visto nei drammatici giorni delle rivolte. Per questo va affrontata con la necessaria determinazione dal ministro», aggiunge Verini, che poi punta il dito contro gli esponenti poliici che si oppongono anche a interventi ispirati dal buonsenso solo per soffiare «sul fuoco».
E in mezzo alla battaglia politica, prova a fare un po’ di chiarezza il Garante nazionale per i diritti dei detenuti, Mauro Palma, che fornisce le cifre sull’impatto potenziale del decreto. «Il numero complessivo di coloro che devono scontare una pena fino a sei mesi, senza altre pendenze, è pari a 3.785», spiega Palma. Mentre il complessivo numero di coloro che «devono scontare una pena o un residuo pena fino a un anno sale a 8.629», aggiunge il Garante. Finché le carceri saranno sovraffollate, contagio è molto più di un “semplice” rischio.