Non è niente di nuovo la considerazione storica e sociologica per cui la paura è il principale incentivo alla richiesta di maniere forti, di regimi autoritari, di limitazioni delle libertà individuali in favore di regolamentazioni e interventi più severi da parte di autorità di vario genere. E anzi, i fautori di questo tipo di regimi e approcci hanno capovolto spesso il rapporto di causa ed effetto, cercando di diffondere con la forza o con le parole una crescente misura di paura proprio per spingere la richiesta, appunto, di regimi autoritari.
In queste settimane – dopo che da diverse parti in mezzo mondo si lavorava per costruire paure artificiose da anni, con successo – è arrivata da dove meno la si aspettava una paura vera, concreta, fondata, enorme. Che da una parte fa poco al caso di chi si augura maniere forti perché – a differenza delle paure che suggeriscono i manuali di propaganda – non si accompagna a un nemico contro cui eccitare e indirizzare la rabbia. Non è escluso che da destra – sono capaci di tutto – presto comincino a sostenere che “la sinistra è amica del coronavirus”, ma è una retorica che fa un po’ fatica: per quanto stupidi tu ritenga i tuoi elettori, aizzarli a odiare una palletta microscopica coi pispoli intorno non è facile nemmeno per i più spericolati fomentatori d’odio.
D’altra parte, però, questa paura naturale, reale, motivata, sta generando già quote di naturale, reale, motivato fascismo in tutti: intolleranza estrema e richieste di repressione verso chi esce di casa (con punte di giustizia fai da te e fanatismo tra il ridicolo e l’inquietante), indulgenza verso misure di censura persino sui libri, che in altri tempi sarebbero state assai discusse per le loro implicazioni, un sentimento diffuso di dover ognuno di noi difendere una necessità superiore, sentimento che ci legittima e ci mette tutti in una divisa, gran voglia di chiamare la polizia, denunciare qualcuno, o intervenire noi stessi. Rallegramenti per le punizioni esemplari. Il titolo a tutta pagina del Corriere di oggi. Persino, nel nostro piccolo, spazientimenti da parte dei moderatori dei commenti sul Post nei confronti di espressioni di stupidità su cui di solito siamo più tolleranti. “Se non la capite con le buone bisogna essere un pochettino più aggressivi”, ha detto oggi Fontana. E ognuno di voi avrà esempi intorno a sé, e dentro di sé. Stiamo diventando – un pezzetto alla volta, piano piano – più intolleranti, più desiderosi di intransigenza, più inclini alla disciplina imposta con le cattive, e senza andare per il sottile.
Senza pensarci troppo.
È normale, certo. È motivato, spesso. È bene?
Voi fateci caso.