Sul sito del Dipartimento della Protezione civile 95 documenti desecretati dal governo, relativi alle riunioni avvenute a inizio emergenza col Cts (Comitato tecnico scientifico). Emergono tutte le contraddizioni e gli errori del governo nella gestione della crisi del sistema sanitario nazionale a seguito della diffusione del nuovo coronavirus (il piano anti-Covid).
4 settembre 2020
La scuola è stata fin dall’inizio fonte di preoccupazione per gli esperti del Comitato tecnico scientifico, come raccontano i 95 verbali ora desecretati dal governo. Nella prima seduta, il 7 febbraio scorso alla Protezione civile, coordinatore Agostino Miozzo, nove presenti tra cui Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità, e Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’ospedale Spallanzani, il Comitato individua già nelle prime righe la scuola come vettore di contagio e plaude alle prime restrizioni. “Le disposizioni fin qui adottate” – stop agli aerei dalla Cina e prime limitazioni alle gite scolastiche e ai viaggi di cultura – “rappresentano un argine adeguato per il nostro Paese”, si legge nel verbale. Gli scenari futuri “saranno determinati dal livello di diffusione in Cina”.
Sul sito del Dipartimento della Protezione civile ora si possono leggere i 95 documenti sulle riunioni avvenute tra il 7 febbraio e il 20 luglio 2020. Lunedì scorso siamo arrivati al verbale numero 104, ma ognuno dei successivi nove sarà disponibile 45 giorni dopo la rispettiva seduta.
A fine febbraio, il 28 precisamente, il Cts rileva che i dati dei contagiati sono “in incremento rapido”, ma i numeri provenienti dalla periferia sono insufficienti per definire un preciso profilo dell’epidemia”. Serve “l’invio di epidemiologici sui posti con casi confermati per effettuare analisi più accurate”. Visto il report dell’Oms del 23 febbraio, scrivono i tecnici italiani: “Non esistono al momento presupposti per identificare nuove aree alle quali applicare limitazioni al traffico aereo”. In verità, anche Corea e Giappone e Iran iniziano ad avere in quel periodo numeri di contagi sensibili. Il piano che doveva essere pronto il 19 febbraio, al 28 è ancora incompleto: “Manca la parte relativa alle Rianimazioni”. Esploderà lì, sui posti letto di terapia intensiva, uno dei problemi più cogenti del periodo Covid.
Il Cts in diversi incontri si pone il problema della diffusione del piano anti-Covid tirando queste conclusioni: “Massima cautela nella diffusione per evitare che i numeri arrivino alla stampa”.
Verificare i posti letto disponibili
La riunione del 12 febbraio si focalizza sulla questione dei posti letto negli ospedali. “Emerge la necessità di verificare con precisione i dati relativi alla disponibilità locale di posti letto per Malattie infettive, Rianimazione e altri dati relativi ad attrezzature, staff e quanto necessario ad elaborare ipotesi di scenari di evoluzione dell’epidemia”, si legge sul verbale. Nella riunione è stato presentato uno studio di Stefano Merler della Fondazione Bruno Kessler di Trento sugli scenari di diffusione del virus in Italia e l’impatto sul servizio sanitario.
Controlli elusi sui voli dalla Cina
Quarta seduta, 14 febbraio: partendo da un passeggero proveniente dalla Cina a cui prima Lufthansa e poi Alitalia non consentono di proseguire da Dusseldorf verso l’Italia, il Cts rivela – contraddicendo il verbale 1 – che Alitalia stessa parla di “limiti all’attuazione di queste procedure” già applicate per Sars ed Ebola. E’ la questione del blocco dei voli dalla Cina, già contestata dall’accademico Walter Ricciardi e che il Cts aveva considerato nel primo verbale “un argine adeguato”. Diversi passeggeri, spiegano i tecnici aeroportuali, “possono accedere ai voli in area Schengen presentando il solo documento d’identità e non il passaporto con i timbri del Paese di provenienza”, nel caso la Cina, “eludendo il controllo delle date e della aree, appunto, di provenienza”.
Casi sporadici in Lombardia
Nel verbale del 21 febbraio il Cts “prende atto della segnalazione proveniente dalla Regione Lombardia di casi sporadici in via di conferma”. Proprio il 21 febbraio a Codogno era stato scoperto il paziente 1 e anche il caso di Vo Euganeo, con un primo morto registrato. Nel verbale della riunione a cui parteciparono anche il ministro della Salute, Roberto Speranza, e il viceministro Pierpaolo Sileri, si riteneva che le notizie provenienti da quella che poi sarebbe stata la regione più colpita dal virus rappresentassero “un cambiamento rilevante nel quadro epidemiologico nazionale”. La richiesta degli esperti fu, dunque, di “adottare misure di contenimento e controllo aggiuntive”. Il caso del comune lombardo fu identificato come “caso 0” e già da allora si prevedeva la “limitazione della mobilità delle persone”. La chiusura delle scuole nell’area fu l’ultima indicazione degli esperti.
Asintomatici e sovrastima
“Le comunicazioni di positività non associate a sintomi determinano una sovrastima del fenomeno sul Paese, rendendo i dati non omogenei con gli altri diffusi dall’Oms”, suggerirono gli esperti del comitato tecnico scientifico nel verbale numero 8 della riunione del 24 febbraio 2020. Inoltre il Comitato tecnico scientifico sottolineava che “in assenza di sintomi il test non è giustificato, in quanto non fornisce un’informazione indicativa ai fini clinici ai sensi delle definizioni di ‘caso'”. Si legge nel verbale: “Si rileva che la quantità dei dati che giungono dalla periferia è insufficiente per definire un preciso profilo dell’epidemia; il Cts raccomanda pertanto l’invio di epidemiologi nelle aree con casi confermati per effettuare analisi accurate”.
Basta zone rosse e controlli in aeroporto
Il 28 febbraio il Cts si oppone alla chiusura di altre zone oltre agli undici comuni individuati in Lombardia: “Non sono necessarie altre misure restrittive”. Si vedrà: esploderanno tutte le province lombarde e alcune del Veneto. Si oppone anche alla richiesta di Aeroporti di Roma di controllare la temperatura a Fiumicino con i termoscanner per i passeggeri in partenza con i voli extra-Schengen. E così non ritiene utile fermare le missioni dei funzionari nei Paesi esteri, come richiesto dal ministero degli Affari esteri: “Deve deciderlo l’Organizzazione mondiale della sanità”. Non c’è, per ora, una risposta sui problemi della manipolazione delle banconote, questione avanzata dalla Banca d’Italia. Di fronte a Federcongressi che ha in programma un evento con 250 persone, il Cts rimanda alle indicazioni regionali.
“Vendere respiratori solo in Italia”
Seduta 16, 3 marzo. Il Cts chiede alle aziende produttrici di respiratori di venderlo solo sul territorio nazionale. Del materiale presentato da Confindustria al professor Ricciardi, vanno bene solo sei ventilatori da trasporto. Le altre apparecchiature “non offrono tutte le garanzie per l’emergenza”.
I medici al Cts: pericoli negli ambulatori
Sempre il 3 marzo: l’Ordine dei medici chirurghi spiega al Cts che non c’è filtro agli ambulatori per i pazienti, chi ha il Covid è a fianco di chi non ce l’ha. E’ necessario passare dal medico di famiglia.
“Zone rosse per Alzano e Nembro”. Il governo: no
Nella densa seduta 16 del 3 marzo il Cts propone ancora “di adottare per Alzano Lombardo e Nembro, venti contagi a testa, le stesse misure restrittive adottate per gli altri comuni delle zone rosse”. Il governo non lo farà. È la questione al centro dell’inchiesta della Procura di Bergamo.
Chiudere le scuole? Segreto Nato
Seduta 18, 4 marzo. Seduta bis, se ne fanno due al giorno. Il Cts ha perplessità sulla proposta di Speranza di chiudere le scuole di ogni ordine e grado. “Le scelte di chiusura dovrebbero essere proporzionali al contagio” e “non esistono dati che ne indichino la inconfutabile utilità”. Infine, la chiusura della scuola “è efficace solo se prolungata”. Seduta 19, 5 marzo. Speranza apre la riunione dicendo che la fuga di notizie del giorno prima – decisioni sulla chiusura della scuola – ha creato sconcerto tra la popolazione e chiede al generale Francesco Bonfiglio del Punto Nato Ueo del Dipartimento di Protezione civile di garantire futura riservatezza alle informazioni.
Contrordine, bene il termoscanner in aeroporto
Seduta 22. Solo il 9 marzo il Cts si convince a fare il termoscanner ai passeggeri in partenza extra-Schengen a Malpensa e Fiumicino. Nella seduta 24, 11 marzo, il Cts lamenta che le deliberazioni prese vengono comunicate in ritardo alle amministrazioni. E ci deve essere un riscontro delle applicazioni di queste delibere scientifiche. E nella seduta 25, il 13 marzo, mente all’ordine del giorno la scarsità dei dispositivi di protezione.
Sul lavoro? Niente mascherine, non servono
Il 13 marzo per il Cts le mascherine non sono ancora necessarie sui posti di lavoro: “Non vi è evidenza per raccomandare indiscriminatamente ai lavoratori di indossare le mascherine. Anzi. Al contrario è stringentemente raccomandato solo per gli operatori sanitari e per chi ha sintomi respiratori”.
Il 15 marzo il via libera alla zona rossa a Medicina
Il 15 marzo sull’istituzione della zona rossa nel Comune di Medicina il Cts risponde così alla richiesta di parere: “Esistono le condizioni per consentire alle competenti autorità locali l’adozione di ulteriori azioni di contenimento del rischio diffusione”. Nella stessa seduta gli scienziati minacciano le dimissioni se non sarà emanata una norma di salvaguardia a tutela dell’operato dei membri del comitato.
Il divieto al riuso delle mascherine sanificate
Il 16 marzo: scarseggiano le mascherine Ffp2 e Ffp3 per gli operatori sanitari. Il capo Dipartimento della Protezione civile, Angelo Borrelli, e il commissario Domenico Arcuri chiedono “meccanismi di risanitizzazione nelle more di riconversione industriale nazionale”, ma il Cts esprime perplessità sul riuso dei dispositivi per possibili conseguenze sugli operatori sanitari.
“Smart working per gli over 50”
Il 4 aprile il modello di fase 2 proposto dal Cts prevede “riapertura graduali differenziate per tipologie di attività, gruppi di popolazione e su base regionale”. Per il rientro graduale al lavoro si propone “su base volontaria tra i 20 e i 49 anni”, smart working per gli over 50.
L’appello di Conte: “Urgente allentare le misure”
Il 7 aprile il premier Conte convoca il Cts e chiede “di ponderare con urgenza un percorso per allentamento delle misure perche misure restrittive prolungate non possono essere sopportate a lungo dalla popolazione”. Il Comitato tecnico scientifico si oppone.
“Più incidenza delle istituzioni su contagi nelle Rsa”
L’11 aprile il Cts si rende conto che serve un’azione più incisiva per tutelare le Residenze sanitarie assistenziali per anziani dove si è scoperto, grazie ad alcuni articoli di stampa (tra cui la denuncia di Repubblica sulla strage dimenticata al Pio Albergo Trivulzio), si stanno sviluppando focolai di infezione. “Una maggiore incidenza dell’azione delle istituzioni è assolutamente necessaria – si legge nel verbale del Cts redatto quel giorno – Sono utili le iniziative di monitoraggio suggerite ma anche iniziative concrete di verifica sul posto ed assistenza potrebbero essere valutate e se del caso promosse, prevedendo un ruolo attivo dei medici di base”.
Arrivi dalla Cina, deroga per le forze armate
Le misure di quarantena per chi è stato in Cina da 14 giorni vengono derogate per il personale sanitario e le forze armate, “se hanno usato dispositivi di protezione individuale”. Si scoprirà che i Giochi militari di Wuhan, a ottobre, sono stati veicolo di contagio. Sui sanitari e la quarantena le indicazioni sono spesso complicate da recepire: l’isolamento non è necessario per chi ha usato dispositivi e chi dice di non aver avuto contatto con pazienti infetti. Non sarà facile distinguere, e in Lombardia i più contagiati saranno proprio i sanitari. Problematica, e si era detto, anche la scelta su chi fare i tamponi. Non vanno fatti a chi non ha sintomi (scopriremo che gli asintomatici sono la maggior parte dei positivi). “La positività non associata a sintomi determina una sovrastima del fenomeno nel Paese rendendo i dati non omogenei con quelli dell’Oms”. L’Organizzazione mondiale della sanità ha cambiato diverse volte la sua valutazione proprio sui tamponi.
Quarantena anche per gli animali di famiglia
Nel dubbio che anche gli animali da compagnia possano essere infetti e trasmettere il virus, il Cts il 15 aprile acquisisce il parere del direttore generale della Sanità animale del ministero della Salute, che invita ad adottare linee guida ad hoc. Pur non essendo dimostrato che cani e gatti possano fungere da diffusori dell’infezione, il Dg scrive che – nel caso di nucleo familiare posto in quarantena – “è assolutamente consigliabile che gli animali da compagnia restino presso la famiglia; la persona infetta deve evitare il contatto ravvicinato con l’animale, comportandosi verso di esso con le stesse precauzioni adottate per gli altri familiari”.
“Riaprite parchi e centri sportivi per i bambini”
Per evitare “conseguenze gravissime e non recuperabili” ai bambini chiusi a casa per il lockdown, il Cts il 15 aprile invita il governo a “garantire con urgenza a tutti gli scolari la possibilità di avvalersi della scuola a distanza”, suggerendo di appoggiarsi alle aziende disponibili a effettuare donazioni di strumentazioni e di servizi per la formazione a distanza. Non solo: il Cts propone la “riapertura controllata dei parchi, che possono essere suddivisi in aree ad uso singolo o familiare per un tempo programmato. Propone inoltre la riapertura dei centri sportivi nel rispetto delle norme di distanziamento e contenimento”. Ma il governo deciderà di riaprirli solo a maggio.
Spiagge, gli ombrelloni dovevano stare a 4,5 metri
Il verbale 68 dell’8 e 10 maggio affronta il tema insidioso della riapertura degli stabilimenti balneari. Il Comitato tecnico scientifico dà le indicazioni su tutti gli aspetti legati a ingresso, uscita e spostamenti e chiede che la distanza minima tra le fila di ombrelloni sia di 5 metri e quella tra gli ombrelloni della stessa fila 4,5. Con le attrezzature, cioè sdraio e lettini, devono comunque esserci “almeno 2 metri dall’ombrellone contiguo”. Come noto, queste misure vengono ben presto derogate, e ridotte, dalle varie Regioni. Anche sulle spiagge libere si danno indicazioni in gran parte non rispettate, come quella di contingentare l’accesso e attivare app di prenotazione.
Ristoranti, si ipotizzavano 4 metri quadri a cliente
Nel verbale numero 68 si chiede ai ristoranti di garantire “il distanziamento tra i tavoli non inferiore a 2 metri”. Inoltre “va definito un limite di capienza predeterminato non inferiore a 4 metri quadri per ciascun cliente, fatto salvo la possibilità di adozioni di misure organizzative come, ad esempio, le barriere divisorie”. La regola dei 2 metri è rimasta, le Regioni hanno fatto saltare quella dei 4 metri. Di recente è stato tolto il divieto di buffet, che veniva stabilito sempre nel verbale 68.
Via all’indagine sierologica, adesioni poche
Il 15 maggio il Cts dà l’ok all’avvio dell’indagine sierologica che dovrebbe ricostruire la circolazione del virus in Italia. “Il campione obiettivo da osservare sull’intero territorio italiano è pari a centocinquantamila individui, residenti in circa duemila Comuni”: una affermazione che si rivela solo una speranza. Alla fine poco più di 60 mila persone daranno la disponibilità a fare l’esame per scoprire se hanno gli anticorpi del virus.
Comitato contro Zangrillo
Il 19 maggio i tecnici decidono di rispondere dal direttore dell’anestesia dell’ospedale San Raffaele di Milano, Alberto Zangrillo. “Si apprende delle dichiarazioni da lui rilasciate il 17 maggio. Tali affermazioni, secondo le quali il Cts avrebbe commesso un errore nella valutazione relativa all’incremento dei posti letto di Rianimazione e dei ventilatori polmonari negli ospedali italiani e malconsigliato il presidente del Consiglio e il ministro alla Salute, risultano prive di ogni fondamento. In risposta a tali dichiarazioni, il Cts chiede al coordinatore di esporre una nota di risposta circostanziando le valutazioni del Cts e del ministero sull’argomento”. È solo la prima puntata, a fine mese Zangrillo parla di virus che “clinicamente non circola più” e gli risponde Franco Locatelli, del Cts: “Sono sorpreso e sconcertato dalle dichiarazioni rese dal professor Zangrillo”.
Speranza e il vaccino anti-influenzale obbligatorio
Il 21 maggio il Cts inizia a discutere di vaccini. Il ministro Roberto Speranza chiede ai tecnici di dare un parere sull’ipotesi di renderli obbligatori per tutti. Il Cts invita piuttosto a valutare l’estensione di quello contro l’influenza, suggerito e gratuito tradizionalmente sopra i 65 anni, anche sopra i 50 anni. Alla fine l’ipotesi non passa, il ministero decide di indicarlo sopra i 60. Riguardo all’obbligo, viene ipotizzato per i lungodegenti, gli ospiti di residenze per anziani e disabili. La linea non passerà. Altra categoria per la quale il Cts ipotizza l’obbligo è il personale sanitario. Solo alcune regioni, come il Lazio, lo hanno poi previsto.
Le perplessità sui pannelli divisori della Azzolina
L’8 giugno, in audizione con la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, il Cts parla di pannelli divisori. La ministra aveva chiesto se possono essere utilizzati come misura residuale e quali caratteristiche devono avere. Il Comitato risponde di non averne mai previsto l’utilizzo. Anzi, esprime “elementi di perplessità sul quesito proposto, invitando ad una attenta valutazione costi-benefici. In ogni caso, il loro utilizzo potrebbe essere eventualmente considerato solo dopo l’esclusione di tutte le possibili misure organizzative e di prevenzione e protezione già proposte”. Arriva una bocciatura anche per le visiere sugli studenti. “L’uso da parte dei minori farebbe configurare potenziali rischi per la sicurezza degli studenti connessi ad una non corretta manipolazione, manutenzione, conservazione e utilizzo dei dispositivi stessi”.
Via libera al test sierologico per gli insegnanti
Ai primi di luglio arriva il via libera al test sierologico per gli insegnanti. Le positività sono stimate tra il 2 e il 20%, e la conferma del tampone potrebbe essere tra lo 0,1 e l’1% dei casi. Il Cts ragiona anche sugli studenti, per i quali potrebbe essere proposta un’indagine su un campione rappresentativo della popolazione scolastica fatto con i test rapidi. Ancora non si è deciso di partire.
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Il piano anti Covid c’era. Ma i tecnici decisero: “Va tenuto segreto”
5 settembre 2020
Il documento sulla risposta italiana alla pandemia la cui esistenza è stata più volte smentita fu redatto in tre settimane. Prima era riservato, poi secretato. E conteneva stime fuorvianti
Il piano c’era. Il piano pandemico per il Covid 19. Non era «un travisamento giornalistico», come il ministero della Salute ci ha scritto il 20 agosto. Per la precisione si chiama “Piano sanitario di organizzazione della risposta dell’Italia in caso di eventuale emergenza pandemica da covid-19”. Un caso molto concreto. Quando viene approvato, a inizio marzo, l’epidemia già dilagava (oltre un migliaio di contagi accertati e i primi 200 morti): non era già più un eventuale emergenza. Ma c’era un piano. Fatto in tre settimane. E se non lo conosciamo è perché venne deciso di “secretarlo”.
La pubblicazione dei verbali del Comitato tecnico scientifico consente di ricostruire uno dei passaggi più delicati e finora oscuri della gestione della pandemia: la redazione ed attuazione del cosiddetto “piano pandemico”, lo strumento chiave con il quale avremmo dovuto fare fronte all’emergenza. Un documento la cui esistenza venne rivelata dal direttore generale della programmazione del ministero della Salute Andrea Urbani in una intervista di aprile ripetutamente smentita dal ministero. E invece era tutto vero.
Il “gruppo di lavoro ristretto” che dovrà redigere il piano viene costituito il 12 febbraio: è il giorno in cui al Cts hanno ascoltato la presentazione dello studio di Stefano Merler, ricercatore della fondazione Kessler, che mostrava scenari apocalittici rispetto a quel che si diceva in quei giorni: un milione di contagi e 35 mila morti, c’era scritto. Il verbale quel giorno si chiude dando 7 giorni di tempo per presentare una prima bozza di “Piano”. Che arriverà il 20 febbraio. Del gruppo ristretto, come aveva rivelato Urbani, fanno parte il ministero della Salute, l’Ospedale Spallanzani e l’Istituto superiore di sanità. Quella bozza del 20 febbraio, secondo quanto risulta a Repubblica, era molto ottimista rispetto a come sono andate le cose. È il giorno che precede il cosiddetto “paziente 1”, e la stima è che ci vorranno oltre 200 giorni per arrivare al contagiato mille. In realtà ce ne vorranno meno di 15. Insomma pensavamo di avere molto più tempo per preparare il sistema sanitario.
Il 24 febbraio, nel verbale del Cts, a proposito del piano, si legge: «Il documento dev’essere completato», mancano dei dati; ma gli esperti concordano su una raccomandazione considerata fondamentale: «La massima cautela nella diffusione del documento onde evitare che i numeri arrivino alla stampa». Il 2 marzo il Cts torna ad occuparsi del Piano e «concorda di adottarlo nella versione finale». Si legge nel verbale: «Sarà sottoscritto da tutti coloro che hanno contribuito al lavoro» successivamente «validato dal Cts» e presentato dal capo della Protezione civile Borrelli al ministro Speranza con la raccomandazione di mantenerne «riservato il contenuto».
Il 4 marzo il Cts affronta «in apertura» la questione del Piano: le cose vanno molto peggio del previsto e viene chiesto all’Istituto superiore di sanità di aggiornare le stime. Di nuovo: «Resta inteso che il documento dovrà essere considerato secretato». Da riservato a secretato. Il 9 marzo, a lockdown appena iniziato, il Cts chiede all’Iss «un eventuale nuovo piano» e nel frattempo di aggiornare le stime di quello approvato «mantenendo secretate le informazioni ivi contenute». Il Piano, insomma, il 9 marzo era «approvato».
Durante il lockdown non se ne parla più fino al 27 aprile. C’è stata l’ìntervista di Urbani, molti si chiedono cosa sia questo Piano. Se lo chiede il Copasir, il comitato parlamentare per la sicurezza che ha convocato Speranza per chiarimenti. E Speranza scrive al Cts. Chiede in particolare: «Sono classificati i verbali del Cts e del Piano nazionale sanitario in risposta a una eventuale emergenza pandemica da covid-19?».
Il Cts risponde con una nota firmata all’unanimità che in sostanza dice: tutti i verbali ve li abbiamo trasmessi subito, quelli fino al 4 marzo sono «redatti come carteggio ordinario», gli altri sono «non classificati controllati». E poi aggiungono: quello che viene definito Piano «è uno studio che ipotizza possibili differenti scenari», «non è allegato ai verbali» ma è «agli atti del Comitato». Uno studio, neanche segreto, figurarsi. Magari lo pubblicano allora. Chissà perché ne hanno negato l’esistenza.
FONTE: https://www.repubblica.it/cronaca/2020/09/05/news/il_piano_anti_covid_tenuto_segreto-266283298/