Da quando è scattata l’emergenza coronavirus le strade di Corvetto si sono sempre più riempite di polizia. Non che prima le volanti mancassero, anzi, ma decreto su decreto, giorno dopo giorno, le libertà individuali si sono ristrette e il controllo si è fatto più capillare. Da un giorno all’altro ci siamo trovati a doverci munire di fogli per giustificare i nostri spostamenti, a sopportare le invadenti domande sui nostri movimenti e ad avere sempre in testa le possibili risposte.
In molti ci siamo chiesti il senso che può avere ai fini della non propagazione del virus non poter andare a farsi una passeggiata, non poter fare una corsa in sicurezza e non poter usufruire degli spazi aperti.
In molti ci siamo chiesti il senso degli atteggiamenti arroganti e prepotenti messi in campo da polizia e carabinieri e che divengono, a nostro parere, sempre più aggressivi mano a mano che passa il tempo.
Un’ urgenza sanitaria certamente reale sembra proprio essere divenuta occasione per un allargamento dell’arbitrio delle forze dell’ordine su noi tutti.
Non che la prepotenza delle forze dell’ordine sia un’eccezione solo di questi tempi. Chiunque viva una vita un po’ marginale, gli immigrati, la gente di strada da sempre sanno quanto possa essere pericoloso e dall’esito incerto incappare in un controllo. Le volanti che entrano a forza in piazza Gabrio Rosa per controllare i ragazzi che piazzano lì non sono certo una novità. Oggi però, quel trattamento che era riservato solo a pochi è stato esteso a tutti. Ora ciascuno sa che un agente può fermarlo, controllarlo, guardargli dentro nella borsa o nel sacchetto della spesa. E l’esito di questo controllo non è mai sicuro perché completamente in mano alla decisione arbitraria di chi lo esegue.
Ci sono storie di persone multate perché al solerte poliziotto non sembrava un valido motivo essere usciti per comprare tre bottiglie di vino. Anziani invitati in maniera energica ad alzarsi dalle panchine sulle quali stavano seduti a prendere un raggio di sole. Pattuglie fermarsi a controllare chi, incontrando per caso un amico per strada, desidera scambiare due parole. E a poco serve chiedersi il senso di tutto ciò sotto l’aspetto prettamente sanitario… non c’è buonsenso che tenga quando agli organi preposti viene data maggiore possibilità di controllo e repressione. E chi si aspetta che una volta finita l’emergenza tornerà tutto a posto probabilmente si sbaglia. Già ci dicono che nulla sarà più come prima e sarà necessario continuare a fare i conti con possibili ricadute e nuovi rischi pandemici. Il fatto è che quando la polizia prende piu potere, quando si mettono in campo dispositivi che disciplinano la popolazione per meglio controllarla, c’è poco da essere ottimisti.
In due settimane abbiamo visto i nostri vicini trasformarsi in poliziotti insultando dal balcone chi si azzarda a fare due passi e segnalando chi gioca a pallone nel parchetto, come se fosse davvero questo un problema per la salute pubblica invece che la mancanza di posti letto negli ospedali, le persone costrette ad andare a lavorare in luoghi chiusi, la mancanza di adeguate tutele per chi ogni giorno è a contatto con gli ammalati.
Sembra anzi che il susseguirsi di norme e limitazioni della libertà individuale, al quale tutti dobbiamo stare al passo perchè si modificano di continuo, sia più una sorta di esperimento sulle nostre teste, per vedere per quanto tempo riusciremo a tollerare e adeguarci a tutto ciò senza ribellarci.
Per fortuna però abbiamo visto anche piccoli gesti di reazione. In poco tempo abbiamo imparato a girare con la busta della spesa sempre in vista e, all’occorrenza, metterci in fila al distributore di sigarette più vicino. C’è chi presta il cane all’amico per permettergli una boccata d’aria e chi si offre per fare la spesa a chi non se la sente di uscire.
Non è più così inusuale scambiare uno sguardo solidale o un sorriso tra chi si azzarda ad avventurarsi “a proprio rischio” per le vie semideserte.
Se l’aria nel prossimo periodo diventerà piu o meno irrespirabile dipenderà anche dai comportamenti che metteremo in campo per aiutarci, dalla nostra capacità di riconoscerci. Perché è evidente che non siamo tutti sulla stessa barca come ci raccontano in tv. C’è chi la barca manco ce l’ha.
Scambiamoci informazioni sui controlli per le strade del quartiere e non abbassiamo lo sguardo quando un agente si fa aggressivo con qualcuno fermato. Troviamo modi per non pagare le multe e far fronte assieme alla burocrazia dei tribunali. Insomma diamoci una mano senza sperare troppo nell’aiuto dello stato, che l’unica sicurezza che riesce veramente a mettere in campo è quella della paura e delle sanzioni. Tocca a noi trovare i modi per non far dilagare il contagio senza rinunciare a una vita dignitosa e non abituarci a quello che ora stiamo vivendo.
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