L’AUTO-PRODUZIONE NON E’ UN HOBBY – Un piccolo antidoto alla paura

Un bello scritto dalla Sardegna!
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In queste settimane di piena emergenza sanitaria, lo stato italiano sta inserendo, tra le molte misure adottate per arginare la diffusione dell’epidemia, dei provvedimenti che hanno più il sapore del controllo sociale fine a se stesso che quello di contenere l’avanzata di questa pandemia.
Una di queste misure irragionevoli è la limitazione dell’uscita dalle proprie abitazioni per la cura e la coltivazione di piccoli appezzamenti di terra per coloro che portano avanti il lavoro in maniera autonoma e non imprenditoriale, rendendo così difficile portare avanti una pratica da cui traggono, totalmente o in parte, il loro sostentamento e rendendo legalmente impossibile lo scambio ed il commercio dei prodotti contadini e lo scambio di piccole prestazioni lavorative, come avviene nella pratica de”s’agiudu torrau”. Queste misure oltretutto si accompagnano a politiche che favoriscono e incentivano la grande distribuzione, rappresentata da supermercati e discount vari.
Noi pensiamo che questo modo di operare si traduca in un vero e proprio attacco all’autodeterminazione alimentare delle comunità ed alla loro naturale resilienza; proprio in un periodo dove l’autoproduzione dovrebbe essere il punto di partenza della risposta a qualsiasi tipo di crisi, compresa quella sanitaria.
Il solo fatto di definire queste pratiche “hobbismo” è un insulto irricevibile ad una dinamica socio economica che storicamente, in Sardegna in modo particolare, ha permesso la sopravvivenza di una larga fetta di popolazione, esclusa dalle dinamiche del mercato capitalista.
Ci sembra evidente che i supermercati e la grande distribuzione siano, e non solo in questo periodo di emergenza, luoghi patogeni e non più solo a causa della bassa salubrità dei cibi prodotti industrialmente, ma anche per il rischio di contagio del covid 19 che deriva da assembramenti di clienti, dal passaggio di merci di mano in mano e dalla delocalizzazione della produzione, che comporta trasporto su ruote, navi ed aerei da ogni parte del globo.
Far passare una persona che vuole coltivare il proprio cibo nel proprio orto, come se fosse un irresponsabile alla ricerca di svago, è una visione miope e distorta, se non inquadrata all’interno di un progetto repressivo piuttosto che di contenimento dell’emergenza sanitaria.
Perciò pensiamo che tutte le esperienze e pratiche concrete, quali mercati contadini, gruppi d’acquisto solidale, coltivazione e vendita diretta da parte dei contadini e delle contadine appartenenti ai propri territori, siano i veri anticorpi contro la crisi sanitaria che stiamo attraversando ed alla depressione economica che inevitabilmente ne deriverà.
Coscienti che la soluzione non arriverà dal sistema che ha creato i presupposti di questa pandemia, siamo certi che le pratiche contadine saranno sempre la prima e l’ultima risorsa sociale per affrontare qualsiasi tipo di crisi. Vogliamo esprimere la nostra solidarietà e complicità a tutti i contadini e le contadine che in questo difficile periodo continuano a portare avanti le loro pratiche di sempre, costretti/e ad aggirare norme e decreti e a sfuggire agli occhi inquisitori di uomini in divisa o in pigiama, per portare in tavola del cibo sano ed a rischio zero.
MISCHINU E MISERU EST S’ANGIONI CHI CICCA LATTI A SU MREXIANI
(Sfortunato e misero è l’agnello che cerca latte alla volpe)

R.E.C.S. SUD SARDEGNA
(Rete delle Economie Complici e Solidali)

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