Reazioni a catena. La protesta dei lavoratori costretti al turno senza precauzioni nelle aziende rimaste aperte nel nord Italia. Conte convoca i sindacati.
Quanto si è visto ieri è il mondo operaio che è tornato a parlare con una sola voce. L’incredulità e la rabbia di chi chiede di essere considerato come tutti gli altri lavoratori. Una rabbia, operaia, per la decisione del Governo di non interrompere la produzione nelle fabbriche che era montata già mercoledì sera subito dopo il discorso di Conte nei commenti social, compreso il profilo Facebook del presidente dalla giunta lombarda Attilio Fontana sommerso da critiche di operai e impiegati, e che si è materializzata giovedì all’apertura dei cancelli: scioperi spontanei, assemblee, fermi temporanei della produzione.
SI SONO FERMATE AZIENDE nel milanese, nel mantovano, nel bresciano, a Terni, Marghera, Genova, scioperi che proseguiranno anche oggi alla Electrolux di Susegana, alla Irca di Vittorio Veneto, in tutto il gruppo Arcelor Mittal e in altre ancora. Un crescendo che ha costretto il presidente del Consiglio Conte a convocare in videoconferenza i sindacati oggi alle ore 11. Insieme a Conte ci saranno i ministri dell’Economia Roberto Gualtieri, della Salute Roberto Speranza e del lavoro Nunzia Catalfo. Dall’altro lato dello schermo, Cgil, Cisl, Uil e gli industriali che fino ad ora sono riusciti a dettare le loro condizioni, prima al presidente lombardo Fontana, poi a Conte. Sprezzanti ieri a metà pomeriggio le parole del presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti che ha definito gli scioperi «irresponsabili». Per Bonometti, «i rappresentanti dei lavoratori stanno strumentalizzando questo fenomeno (l’emergenza, ndr). È un segno di non responsabilità, di non capire i problemi che abbiamo». Non esattamente i migliori presupposti per aprire un confronto, ma la posizione di Confindustria è ormai chiara. Sarebbe utile uscissero allo scoperto anche le altre sigle imprenditoriali. Per i sindacati metalmeccanici «è necessaria una momentanea fermata di tutte le imprese di categoria fino a domenica 22 marzo, per sanificare, mettere in sicurezza e riorganizzare tutti i luoghi di lavoro».
IN LOMBARDIA i primi a fermarsi a metà mattina sono stati i metalmeccanici della Bitron di Cormano, nel milanese. «Lavorare con questo clima è dura, ci guardiamo a vista come se fossimo degli alieni l’uno con l’altro», dice ai microfoni di Radio Popolare Domenico Marra, responsabile della sicurezza sul lavoro alla Bitron. Poco meno di ottanta dipendenti, una crisi recente mai passata, la Bitron produce componenti elettroniche per automotive. «È dal mese di febbraio che chiedo mascherine, guanti e amuchina», racconta Marra. «Man mano che passavano le giornate ho visto che non si faceva nulla e ho iniziato a scrivere all’azienda che mi ha sempre risposto citando le direttive ministeriali, ma non basta e abbiamo deciso di scioperare». Gli operai chiedono dispositivi di sicurezza adeguati al loro lavoro. «A noi non basta il metro di distanza, ci spostiamo per prendere i materiali, spesso dobbiamo avvicinarci, rischiamo di toccarci.
Lotteremo fino a quando non avremo tutti i dispositivi». Racconta ancora Domenico Marra: «È dura perché siamo spaventati. Noi arriviamo da tutti i paesi qui vicino, da Bresso, da Sesto San Giovanni, da Cormano, da Cinisello Balsamo, ci dobbiamo spostare, non ci sentiamo sicuri». Siamo nell’hinterland nord di Milano dove i casi di positivi al Covid-19 stanno aumentando. Meno che nelle provincie di Brescia e Bergamo, ma anche nella città metropolitana di Milano si sta formando una curva di contagi che preoccupa. Sono salite a 1.146 le persone positive in provincia di Milano, 220 in più rispetto al dato di un giorno fa.
QUASI AL CONFINE col Veneto, a Mantova, c’è la Corneliani, che produce abbigliamento, quindi beni non necessari. I 450 lavoratori hanno deciso di scioperare fino a lunedì. Sciopero spontaneo anche all’Iveco di Suzzara, stato d’agitazione alla Relevi di Rodigo. Alla Tenaris di Dalmine, nella bergamasca, la provincia lombarda più colpita dal Coronavirus, c’è stata una lunga assemblea pomeridiana. Nel bresciano è andata meglio, i sindacati sono riusciti a stringere accordi per la chiusura con importanti gruppi come Alfa Acciai, Iveco, Duferdofin-Nucor, Beretta. Per tutti gli altri il timore generale è quello che se non si chiuderà oggi, si dovrà chiudere domani per contagio.
È sera ed un operaio bergamasco sta rientrando a casa, dopo le sue otto ore in una fabbrica di lavorazione dell’acciaio. Alla domanda su cosa pensi delle parole del presidente degli industriali lombardi Bonometti che ha definito gli scioperi «irresponsabili», risponde irritato. «Ma come si fa? Io vivo così: accendo la Tv e la radio e sento appelli a restare a casa, su Facebook vedo foto con cartelli che chiedono di restare a casa, il presidente Conte dice di stare a casa, ma noi no. Venissero con noi in fabbrica – è l’invito – quelli che hanno deciso di continuare a farci a lavorare, forse cambierebbero idea».